lunedì 3 ottobre 2022

Le leggi fondamentali della stupidità umana

20220228 MF diagramma stupidità La famosa frase di B. Russel: “la causa principale dei problemi è che al mondo d’oggi gli stupidi sono pieni di certezze, mentre le persone intelligenti sono piene di dubbi”, impone una più appropriata definizione di stupidità. Ci soccorre un saggio umoristico di Carlo Maria Cipolla che ci introduce al concetto dinamico di stupidità regalandoci le cinque leggi della stupidità umana. La prima legge della stupidità afferma: “ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi”. Quante volte ci è capitato di mutare opinione su persone che reputavamo intelligenti e si sono manifestamente dimostrate stupide, o quante volte abbiamo incontrato uno stupido che ci ha creato disagi, se non danni. Fortunatamente per la sopravvivenza del genere umano il numero degli stupidi, per quanto sottovalutato non è infinito, per il semplice motivo che il numero degli esseri umani è finito anche se in continuo ricambio. La prima legge ci offre due spunti di riflessione: non siamo estranei e neutri rispetto alla stupidità altrui, la nostra sottovalutazione ci impedisce di valutare il degrado di una società, che è misurato dalla quantità di stupidi presenti nella società. Quando questa quantità diventa maggioranza la situazione è preoccupante e la società è attraversata da forti tensioni e rischia la decadenza.

La seconda legge fondamentale della stupidità umana afferma: “la probabilità che una persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona”. La seconda legge è la più antirazzista e imparziale delle leggi, perché afferma che Madre Natura è cieca nel distribuire la stupidità, che non dipende dalla razza (etnia), dal sesso, dalla religione ma è un imperscrutabile affare di Madre Natura. Non solo Madre Natura non è razzista ma distribuisce equamente la stupidità indipendentemente dall’educazione, dall’ambiente sociale o dai “schei”. Indicativa è una ricerca fatta in ambiente universitario: la popolazione universitaria è stata divisa in quattro categorie: bidelli, impiegati, studenti e professori. Individuata la percentuale Ψ (gr. Psi) di stupidi nella categoria “bidelli”, si constatò che in base alla prima legge la percentuale Ψ trovata era più alta di quanto ci si aspettasse. Conformemente ai luoghi comuni imperanti si pensò che fosse dovuto alla scarsa istruzione dei bidelli. Destò sorpresa quando la percentuale Ψ di stupidi negli impiegati e negli studenti obbediva anch’essa alla prima legge ed era in linea con quella dei bidelli.

Destò ancora più stupore quando la prima legge venne confermata anche nella categoria docenti. La sorpresa fu tale che si pensò di verificarla con la crema della crema del genere umano: i Premi Nobel. Il risultato confermò che nessuno sfugge all’imparzialità suprema della Natura: una frazione Ψ di premi Nobel è costituita da stupidi ed è superiore e più alta di quella attesa. Con Ψ quasi uguale in tutte le categorie. Il significato di stupido, terza, quarta e quinta legge fondamentale. Nell’uso comune con stupido s’intende persona con scarsa intelligenza, nelle varianti di cretino, imbecille, ottuso, scemo, oppure, benevolmente, tonto. Quello che ci interessa è un significato dinamico di stupido, una specie di analisi “costo-benefici” della stupidità nelle relazioni sociali. Noi entriamo in relazioni con gli altri sia incontrandoli ma anche evitandoli, i cattolici nel Confiteor domenicale chiedo perdono per parole, opere e omissioni, qualsiasi azione o non azione che facciamo può determinare un guadagno o una perdita per noi, ma anche un guadagno o una perdita per una particolare persona, o gruppo di persone, una sorta di conto corrente con guadagni e perdite individuale e collettivo. Possiamo rappresentare queste relazioni utilizzando gli assi cartesiani.

L’asse orizzontale (X) rappresenta il guadagno o la perdita che Tizio ottiene dalla sua azione, a sinistra dello zero ci sono gli effetti negativi a destra i positivi, l’asse verticale (Y) rappresenta il guadagno o la perdita che una persona, o gruppo di persone subiscono a seguito dell’azione di Tizio, nella parte superiore ci sono gli effetti positivi perla società, in quella sotto l’asse x gli effetti negativi. La rappresentazione grafica ci permette di comprendere la terza legge fondamentale: “una persona stupida è una persona che causa danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita”. La rappresentazione cartesiana individua quattro categorie di persone. Nel Quadro 1 in alto a sinistra troviamo gli Sprovveduti: sono persone che che con le loro azioni provocano danni a sé stessi, si trovano a sinistra del centro nella zona personale orizzontale negativa, ma procurano vantaggi agli altri, si trovano nella parte superiore, quella positiva per la società. Nel Quadro 2 in alto a destra troviamo gli intelligenti: procurano vantaggi a se stessi e agli altri Zona poco frequentata, il deserto dei Tartari è più affollato in questo inizio di millennio. Categoria assolutamente assente nelle Istituzioni da decenni. Nel Quadro 3 in basso a sinistra troviamo gli Stupidi: categoria alla genesi delle nostre considerazioni. Il loro comportamento determina contemporaneamente un danno a sé stessi e alla comunità. Zona affollatissima. Nel Quadro 4 in basso a destra troviamo i Banditi: procurano vantaggi a se stessi e danni agli altri, zona ad alta intensità di traffico generalmente coadiuvati dagli stupidi. Abbiamo detto che il concetto di stupidità è dinamico, ma è anche relazionale. Significa che una persona è valutata anche in base alla percezione che gli altri hanno del suo operato, ma la valutazione del comportamento di una persona è condizionata dai valori di riferimento, altrimenti detti preconcetti, che possono riguardare sia la persona sia le idee.

Il concetto di stupidità è dinamico anche in senso temporale, cioè una persona può passare con il mutare del tempo e delle situazioni da un quadrante all’altro. Un esempio storico ci aiuterà a capire. Tra le due guerre mondiali l’Europa ha assistito in alcuni casi stupidamente e in altri opportunisticamente alla parabola di tre dittatori. Per quanto riguarda il nostro è indubbio che inizialmente sia stato classificato come persona intelligente dai sostenitori e come bandito dagli avversari. Tra i sostenitori alcuni ritenevano che stesse facendo gli interessi della collettività disinteressatamente, i più disincantati accettavano la commistione pubblico-privato. Indubbiamente il suo tenore di vita era diverso e più agiato di quello di un minatore, in ogni caso i sostenitori lo collocavano tra gli intelligenti, gli avversari ritenevano che il suo operato fosse rivolto al tornaconto personale ma dannoso per il paese, quindi lo collocavano tra i banditi. L’epilogo della sua azione lo colloca tra gli stupidi, in quanto ha ottenuto un danno a sé stesso: ha perso la vita, e un danno al suo paese, che ha distrutto coinvolgendolo in una guerra rovinosa.

Di solito in questi casi si dà la colpa agli altri ma la realtà è più articolata e complessa. L’esempio ci permette di formulare la quarta legge legge fondamentale della stupidità: “Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.” Sicuramente tra i sostenitori del “nostro” ci saranno stati tanti sprovveduti, abbastanza banditi, mentre per le categorie degli stupidi e degli intelligenti, essendo valutazioni politiche, le lascio pilatescamente alla sensibilità di ognuno. Tutti in ogni caso hanno sottovalutato gli effetti della Sua azione, con la differenza che gli sprovveduti e gli stupidi hanno mantenuto le loro convinzioni, i banditi hanno cambiato casacca. Se tralasciamo gli effetti personali del capo del ventennio e analizziamo gli effetti macro del suo operato sulla società, cioè consideriamo aritmeticamente gli effetti negativi e positivi, è indubbio che la distruzione di un paese è un evidente effetto negativo.

Questo ci porta alla quinta legge fondamentale: “La persona stupida è il tipo di persona più pericolosa che esista.” Ribadiamo che la classificazione tra, intelligenti, sprovveduti, stupidi e banditi non esprime un giudizio morale, altrimenti cadiamo nel fanatismo e/o scetticismo, ma esprime solamente la constatazione dinamica degli effetti delle azioni compiute dagli individui. Riportiamo per comodità in sequenza le cinque leggi fondamentali sulla stupidità compreso il postulato. La causa principale dei problemi è che al mondo d’oggi gli stupidi sono pieni di certezze, mentre le persone intelligenti sono piene di dubbi,

  • 1 “ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi”
  • 2 “la probabilità che una persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona”.
  • 3 “una persona stupida è una persona che causa danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita”.
  • 4 “Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.”
  • 5 “La persona stupida è il tipo di persona più pericolosa che esista.”

Potrebbe essere divertente classificare la nostra classe dirigente in base alle 5 leggi fondamentali della stupidità umana, ma correremmo il rischio di occorgerci che a sémo in man dela poja...

...da "Siamo tutti figli di Troia

 

sabato 6 febbraio 2021

Draghi? Un’occasione per i no euro.

 

Il titolo potrebbe sembrare un paradosso, cioè, una “proposizione formulata in apparente contraddizione con l'esperienza comune o con i principi elementari della logica, ma che all'esame critico si dimostra valida”, ma rivelarsi un’occasione per gli euroscettici, e una vittoria di Pirro per gli europeisti, e potrebbe segnare la fine di Matteo Renzi.

Il Dott. Draghi, come ogni macro economista sa perfettamente che l’eurozona è una costruzione disfunzionale, se così non fosse,non avrebbe mai pronunciato la famosa frase “faremo qualsiasi cosa, e vi garantisco che e abbastanza”. Difendere e salvare la zona euro era tra i suoi compiti istituzionali, giocava in quella squadra e come ogni professionista serio ha dato il meglio di se.

La domanda che dobbiamo porci è se Draghi oggi sia il centravanti della nazionale italiana o l’arbitro tra Italia ed Europa? Oggi Draghi giuderà l’Italia come ex BCE o come ex allievo di Federico Caffè. Perchè se giocherà come centravanti dell’Italia e come ex allievo di Federico Caffè, i problemi li avranno gli altri, se giocherà com ex BCE e arbitro i problemi li avremo noi.

Draghi conosce benissimo tutti i rilievi e le critiche di Caffè per un’unione monetaria disfunzionale senza unione politica, ma quanti aggi in Parlamento sono in grado di affrontare con competenza questo tema? In Parlamento ci sono tre persone in grado di sostenere un confronto con Draghi, e sicuramente non saranno della partita.

Purtroppo una maggioranza parlamentare che facesse l’interesse dell’Italia senza entrare in rotta di collisione con l’Europa e senza massacrare il nostro paese dovrebbe essere composta da PD, M5S, Lega e FdI, lasciando fuori il dott. Matteo Renzi in Pirro.

Lasciatemi sognare un patto per l’Italia sotto l’aura protettrice di Federico Caffè, ma i nostri politici avranno la conoscenza (di Caffè) la determinazione e l’umiltà di anteporre gli interessi dell’Italia a quelli di bottega?

Per il momento mi permetto di rivolgere una domanda, che non avrà risposta, al dott. Draghi: lei sarà il nostro centravanti allievo di Federico Caffè o no?

giovedì 19 aprile 2018

A noi tocca decidere in piena autonomia (di Aldo Moro)


Articolo scritto per “Il Giorno” nel gennaio 1978 e non pubblicato “per motivi di opportunità”.


I giudizi espressi nei giorni scorsi da parte americana sugli sviluppi della politica italiana e la possibilità di accesso dei comunisti al Governo del nostro Paese hanno destato vivaci polemiche ed introdotto qualche nuova ragione di tensione. Conviene però essere molto obiettivi nel guardare
all’insieme di questa vicenda. È comprensibile e giusto, si osserva, che un Paese indichi ad un altro, amico ed alleato, proprio in considerazione del particolare vincolo che li unisce, i pericoli che vede emergere all’orizzonte e le conseguenze che, in determinate circostanze, possono verificarsi?
Queste valutazioni in quanto riguardino l’opinione pubblica in generale e si esprimano per canali appropriati, sono ineccepibili. Se una democrazia non fosse in grado di accettare e di riassorbire una polemica, e per giunta in materia così delicata ed importante, essa cesserebbe di essere tale e cioè
viva, problematica ed aperta. Vi sarebbe conformismo e non invece dialogo e ragionato consenso o dissenso. Le cose sono un po’ diverse, se le valutazioni siano formulate in sede di Governo (o dietro sigle trasparenti) e fatte conoscere senza vincolo di discrezione. In tal caso fattori esterni incidono in un dibattito in corso nelle sedi competenti ed influenzano le decisioni. In queste circostanze la non interferenza si risolve nella rinuncia a porre concreti impedimenti; del tutto naturale, del resto, in una grande potenza che è anche una grande democrazia. Siffatti giudizi dunque potrebbero turbare ed impacciare i sinceri amici dell’America i quali sono tanti, forse più che non si pensi, nel nostro Paese.
Di più il rendere pubblici dei punti di vista, perché se ne tenga conto, non solo genera disagio ma obiettivamente limita la libertà di manovra politica, della quale l’altrui valutazione finirebbe per apparire la ragione esclusiva o prevalente. Certo l’autonomia di decisione resta, nella complessità delle sue motivazioni, perché essa è ad un tempo un diritto e un dovere. Tuttavia taluni delicati problemi di politica internazionale, come altre rilevanti circostanze, non sfuggono, ci siano ricordati o meno, alla nostra attenzione ed al nostro senso di responsabilità.
Si può immaginare allora che, per un canale improprio, il destinatario sia, più che il Governo o l’opinione pubblica del Paese amico, uno Stato terzo nel quadro di equilibri di potenza, ovviamente non solo militari, ma politici da preservare a livello mondiale. E questa è una cosa che sarebbe
da ingenui non comprendere, prima perché è un dato della realtà (e fuori dalla realtà non si fa politica), poi perché un assetto bilanciato è un fattore di pace, certo non sufficiente, ma essenziale. Trattandosi di un dato di tale natura, non si può certo dunque ignorarlo, anche se è fuori discussione un qualsiasi intervento di forza ed evidente la difficoltà di influenzare complessi processi legati a condizioni storiche, economiche sociali, psicologiche e politiche talvolta scarsamente comprensibili fuori dei confini. Può determinarsi però in un’atmosfera internazionale più difficile e più pericolosa.
Il Partito Comunista Italiano ha percepito con la consueta lucidità il carattere delicato di questo nodo e vi ha corrisposto con una scelta, quella di accettare la Nato, frutto, più che di vocazione, di rigoroso realismo politico in uno spirito di lealtà del quale non vogliamo dubitare. È evidente peraltro che la situazione ha aspetti problematici e che dubbi e preoccupazioni esistono in coloro, i quali indubbiamente contano in quel generale contesto politico nel quale siano inseriti. Certo un’esperienza qual è quella che i comunisti italiani chiedono di fare (i francesi sembrano più lontani dal desiderarlo davvero), pone per tutti degli interrogativi e trova perciò risonanza anche all’Est, dove non mancano moniti, i quali, per essere di stampa, non cessano di essere autorevoli. Non tocca a noi però fare il conto dei dati favorevoli o contrari. A noi tocca decidere, sulla base della nostra conoscenza, in piena autonomia, ma con grande equilibrio e senso di responsabilità. Per questo riscontriamo delle diversità non trascurabili ed escludiamo una sorta di generale alleanza politica con il Partito Comunista, della quale mancano le condizioni. Ma vi è uno spazio nel quale, guardando agli interessi del Paese, in una situazione che è indiscutibilmente eccezionale, in presenza del venir meno dei legami tradizionali dei partiti, è possibile raggiungere una positiva concordia sui programmi ed un grado di intesa tra le forze politiche e sociali, i quali consentano, con una soluzione equilibrata ed adatta al momento, di far fronte all’emergenza e di sperimentare un costruttivo rapporto tra partiti molto differenziati, che la realtà della situazione obbliga a non ignorarsi ed a non paralizzarsi, provocando con ciò la paralisi, e forse peggio, dell’Italia. Su questa leale trattativa, che includa strumenti giuridici atti a rendere non più necessari taluni referendum, si gioca l’esito della crisi con la possibilità di scongiurare eventi traumatici. Vale la pena di cogliere
il significato politico e di fare appello alla prudenza, all’intelligenza, allo spirito aperto di coloro sui quali ricadono le massime responsabilità.

giovedì 21 settembre 2017

Ahinoi: dal V-day alla Rivoluzione Cosmetica?


Dai vip ai padri nobili, dai migranti a Cernobbio, alle recenti critiche per le regole delle primarie. Sui cinque stelle è stato detto tutto e il contrario di tutto. Premetto che condivido la scelta di andare a Cernobbio, perché in politica bisogna confrontarsi con tutti. Inoltre non condivido i malumori nei confronti delle nuove regole per la scelta del candidato premier. Non entro nel merito delle regole, primo, perché sono in conflitto di interessi, il primo punto mi ha penalizzato impedendo di candidarmi, secondo, perché condivido la regola “pro Di Maio”, una manifestazione di assoluto buon senso.
Chi critica il cambiamento di posizione del Movimento su migranti, jus soli, Euro o le regole “ad personam” per la scelta del candidato premier, probabilmente non ha capito l’essenza della novità a cinque stelle, una forza innovativa e quindi difficilmente inquadrabile. Mi ci sono volute molte letture, esperienze personali dentro il movimento e molto tempo per comprendere questa realtà.
Ho individuato nel Principio di Legittimità del Garante il principio regolatore delle scelte politiche e strategiche dei cinque stelle, cioè della vita interna del movimento. E’ assolutamente una perdita di tempo contestare ai cinque stelle la mancanza del principio di legittimità democratica come regola interna, primo perché non è l’unico principio di legittimità, secondo perché è un principio in decadenza sostanziale anche se in forte ascesa formale, terzo non è previsto dall’articolo 49 della Costituzione.
I principi di legittimità sono entità incorporee ma allo stesso tempo sostanziali, paragonabili ai semidei della cultura pagana o agli arcangeli della cultura cattolica, intermediari tra l’uomo e la divinità regolano sia l’esercizio del potere sia la sua successione. In particolare un principio di legittimità disciplina la trasmissione del potere in modo non violento. Ai tempi di Alessandro Magno non esistevano principi di legittimità, la sua ascesa al potere è iniziata con una serie di omicidi familiari. Una approfondita e dettagliata spiegazione sui principi di legittimità lo potete trovare nel libro “Potere” di Guglielmo Ferrero, una succinta spiegazione la potete trovare nell’e-book “El mona sa tutto” di Omero Ciacola (che sono io).
Il Potere è la più diseguale tra le relazioni umane, perché pone un soggetto in una situazione di superiorità rispetto agli altri, il principio di legittimità regola questo rapporto diseguale, si esplica dal basso verso l’alto nel suo contenuto legittimante (governati verso governante), dall’alto verso il basso nell’esercizio del potere (Governante verso Governati), quindi deve essere accettato dai governati, che lo considerano giusto in base a comuni ideali, principi, convinzioni religiose e culturali.
I principi di legittimità non sono giusti o sbagliati in assoluto, non hanno omogeneità storica ne territoriale, la loro validità dipende dal momento, dalle convinzioni politiche e dai concetti culturali dominanti. I principi di legittimità di base sono quattro:
il princio aristo-monarchico, elitario
il principio ereditario
il principio elettivo
il principio democratico.
Esiste anche il Principio Originario, tipico dei fondatori, ma non è un principio di legittimità, perché non disciplina la successione al potere da un soggetto all’altro, ma solo il suo esercizio. E’ un principio straordinario e si applica solamente in casi eccezionali, Romolo era capo di Roma in qualità di fondatore, Berlusconi e Grillo in qualità di fondatori di Forza Italia e 5 Stelle. Quindi il principio originario può essere costitutivo di potere ma non è un principio di legittimità.
Alcuni esempi ci permetteranno di capire meglio il concetto. Il Vaticano e la Cina, sono regolati dai principi di legittimità aristo-elitario ed elettivo è completamente assente il principio democratico. Nessuno si sognerebbe mai di contestare l’autorità di Papa Francesco a governare la Chiesa perché non è stato eletto democraticamente con il voto di tutti i preti e le suore, inoltre, la designazione dei partecipanti al Conclave non avviene in modo democratico, ma elitario, mentre il papa è eletto in base al principio elettivo. Come nessuno contesta la legittimità di Xi Jinping, anche se la sua candidatura e proposta da un solo partito, ratificata dal voto popolare. Questo perché i due principi di legittimità sono considerati giusti dalla collettività ( cattolica e cinese) e accettati, quasi sempre, in modo sincero e convinto. Quando manca la sincerità e la convinzione si possono manifestare episodi di ribellione. Ma questo è un altro discorso. La stessa Repubblica di Venezia era regolata dai principi aristocratico, ereditario ed elettivo. Il doge veniva eletto tra i rappresentanti delle 400 famiglie iscritte nel Libro d’Oro della Repubblica (principio aristocratico). La successione dei componenti nel Libro d’Oro avveniva in base al principio ereditario, il Doge veniva designato in base al principio elettivo, nessun cittadino veneziano non iscritto nel Libro d’Oro avrebbe mai pensato di contestare la legittimità del doge perché non elettore.
I principi di legittimità hanno una componente umana: nascono, crescono, mutano e possono anche cessare. Ad esempio il principio di legittimità monarchico non è più in vigore in Italia. Lo stesso principio democratico inizialmente era inteso in modo elitario e censitario, successivamente sessista, e solo nel dopoguerra è diventato universale ed egalitario, almeno formalmente.
Anche il principio di legittimità del Garante ha avuto le fasi di nascita, crescita e consolidamento. La sua prima manifestazione si è avuta nell’ottobre del 2008 a Treviso, la sua formulazione si è concretizzata con il “non statuto”, la sua prima manifestazione concreta è del marzo del 2010.
Il principio di legittimità del Garante è il principio regolatore dei rapporti interni del Movimento, perché è accettato sinceramente e convintamente da tutti gli attivisti e iscritti 5 Stelle. Non ha senso parlare di giusto o ingiusto, esso rappresenta l’identità culturale, etica e storica della comunità. Mugugni e malumori sono fisiologici e rientrano nella normalità, ma chi ha messo in discussione il principio è stato escluso per salvaguardare la comunità, oppure si è allontanato spontaneamente.
Ma quali sono gli elementi costitutivi del principio di legittimità del Garante. Esso trova il suo fondamento nel Principio Originario (Grillo e Gianroberto Casaleggio) a cui si aggiungono tre tipi di principi di legittimità: quello Ereditario, quello Elettivo e quello Elitario.
Il principio di legittimità Ereditario si è manifestato e consolidato con la successione di Davide Casaleggio al padre. Questa successione è stata percepita ed accettata come giusta dal popolo a 5 stelle, altrimenti Davide non avrebbe nessuna legittimazione, è assolutamente fuori luogo contestarne l’autorità da chi è esterno al movimento. Il principio di legittimità Elettivo è quello che disciplina la scelta dei candidati a livello comunale. Una combinazione del principio Elettivo ed Elitario disciplina la scelta dei candidati alle istituzioni di rappresentanza regionali e nazionali. Attualmente, salvo modifiche, ci sono due livelli Elitari: quello per concorrere al parlamento, è sufficiente aver fatto parte di una lista civica; quello per candidarsi a Premier, è necessario essere stati almeno una volta eletti. Individuati i candidati con il principio elitario si ritorna al principio elettivo. Lo stesso principio elettivo è subordinato al principio originario del Garante. Il cerchio si chiude.
Chiarito il contesto dei principi che regolano i 5 stelle, appaiono decisamente stonate sia le critiche di Imposimato che le provocazioni di Saviano. In questo contesto però, si inserisce un’anomalia al principio di legittimità del garante, cioè il candidato premier Gianmarco Novi. In base alle dichiarazioni di Di Maio a Cernobbio, non mi riferisco all’accantonamento del referendum sull’euro, cosa di assoluto buon senso, ma alla disambiguazione della posizione sulla moneta unica, dove si è passati da un’eventuale contrapposizione all’idea europeista alla sua accettazione, prospettando una fantomatica e fantasmagorica riforma dell’Europa. Il candidato premier Novi ha dichiarato, che tra i suoi obiettivi ci sono: "riportare in Italia la sovranità monetaria, istituire il bilancio partecipativo statale" e i referendum "sul modello svizzero". La sovranità monetaria è in distonia con la svolta di Cernobbio, approvata dal salvatore Mario Monti.
Come iscritto, elettore e sostenitore della Costituzione Italiana mi chiedo: la “benedizione” di “quel ramo del lago di Como” è il coronamento dell’impegno di molti attivisti? La svolta di Cernobbio è sotto l’egida del principio di legittimità del Garante? E’ sintomo di un cambiamento reale o di una Rivoluzione Cosmetica?
Naturalmente Gianmarco Novi avrà il mio voto, spero che il sostegno di un jurassico grillino non lo danneggi, ma, supererà la prova del Principio di Legittimità del Garante?
Ubi (Di) Maior minor cessat”

sabato 24 dicembre 2016

Compagni Fascisti


Parlare della locuzione “Compagni Fascisti”, in tempi di precarietà diffusa, può sembrare inutile, nella realtà questo apparente ossimoro, può aiutarci a capire molte cose, perché non c’è lavoro, perché il risparmio non è più garantito. Perché per esempio ci prendono in giro quando dicono di voler tutelare il contribuente, ma nello stesso tempo fanno pagare le conseguenze di un sistema bancario europeo assurdo ai risparmiatori, dimenticando che contribuente e risparmiatore sono nel 99% dei casi la stessa persona, mentre il restante 1% talvolta è uno svogliato contribuente che sa benissimo come salvaguardare il proprio risparmio.
La storia ci insegna che la differenza tra destra e sinistra non è sempre stata netta e chiara. “Compagni Fascisti” è un arzillo vecchietto quasi centenario, infatti, risale al 9 ottobre 1919 la sua comparsa in un discorso ufficiale. All’inaugurazione del primo congresso dei Fascisti a Firenze, Mussolini, preceduto da un’ovazione, iniziava così il suo discorso: “Compagni Fascisti, non so se riuscirò a farvi un discorso molto ordinato perché non ho avuto modo, secondo la mia abitudine, di prepararlo. Un discorso Fascista io mi ripromettevo di pronunciare…..”, era il periodo rivoluzionario proletario, in cui il movimento fascista non aveva ancora preso la connotazione di partito, che porterà anche alla sostituzione di “compagno” con “camerata”. Ai compagni fascisti, e alle iniziali affinità con il programma dei Fasci da Combattimento del 23 marzo del 1919, si rivolgeranno i comunisti italiani nel 1936 con L’appello ai fratelli in camicia nera” firmato da 60 dirigenti del Partito Comunista tra cui Palmiro Togliatti, sono interessanti alcuni passi dell’appello. “[…] La causa dei nostri mali e delle nostre miserie è nel fatto che l’Italia è dominata da un pugno di grandi capitalisti, parassiti del lavoro della Nazione, i quali non indietreggiano di fronte all’affamamento del popolo, pur di assicurarsi sempre più alti guadagni, e spingono il paese alla guerra, per estendere il campo delle loro speculazioni ed aumentare i loro profitti.” più avanti prosegue: “Fascisti della vecchia guardia! Giovani fascisti! Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere assieme a voi. LAVORATORE FASCISTA, noi ti diamo la mano perché con te vogliamo costruire l’Italia del lavoro e della pace, e ti diamo la mano perché noi siamo, come te, figli del popolo, siamo tuoi fratelli, abbiamo gli stessi interessi e gli stessi nemici,...”
Le affinità storiche non si esaurisco qui. Come sappiamo il Partito Nazionale Fascista, rinnegherà il programma sansepolcrista del movimento fascista, voltando le spalle a quei lavoratori a cui inizialmente si rivolgeva. Come il fascismo novant’anni fa oggi, la classe dirigente di sinistra ha abbandonato la tutela dei lavoratori per tutelare la stabilità monetaria e la concorrenza. Non deve quindi stupire se il City Journal, rivista dei conservatori del Manhattan Institute for Policy Research, in un’interessante analisi di Fred Siegel sulla situazione politica francese afferma che Marine Le Pen, piano piano, buona buona, sarà il nuovo candidato della sinistra francese. ( Una mia libera traduzione del titolo originale French Twist, How Marine Le Pen quietly became the left-wing candidate in the French elections). Secondo Siegel questo è avvenuto perché la classe lavoratrice francese è stata abbandonata dalla sinistra, così come è avvenuto con la loro controparte in America.
Naturalmente solo un conservatore arguto e sostenitore del candidato di destra, il liberista e thatcheriano Fillon, poteva indicare con lucidità, chi realmente in Francia sta lottando contro le politiche europeiste basate essenzialmente sullo smantellamento del welfare e sulla riduzione dei salari, care al liberismo.
E’ il paradosso dell’unione monetaria europea sostenuta dalla classe dirigente di sinistra, che ha indirizzato la classe lavoratrice verso i compagni fascisti, italiani e francesi, che, forse a loro insaputa, sono in linea con il fu movimento fascista e i bolscevici di casa nostra, cioè, difendono i lavoratori, ma per i compagni fascisti, prima quelli italiani e francesi.
E’ fuorviante quindi la vecchia distinzione tra destra e sinistra, basata su vecchi schemi, quello che fece ieri la destra mussoliniana, lo sta facendo oggi la sinistra globalista. Pasolini aveva capito l’inadeguatezza di questi schemi, e denunciò con largo anticipo la nascita del nuovo autoritarismo in giacca e cravatta più pericoloso del vecchio fascismo, lo scrittore friulano aveva individuato nel pensiero ordoliberista il vero nemico di una società libera e giusta.
Il paterno autoritarismo ordoliberista ha modi pacati, educati, da anni somministra pillole avvelenate di un fuorviante sogno europeo, di un globalismo mercantile propagandato come dispensatore di benessere, ma in realtà distributore di disparità; può avere il volto dei moderati conservatori di destra (Merkel, Fillon, Rajoy) come dei moderati innovatori di sinistra (Hollande, Renzi, Tsipras), ma anche il volto dei demagoghi antidogmatici “ne di destra ne di sinistra”, come di quelli che: “fuori dall’euro c’è la sciagura”. Il nuovo pensiero ordoliberista non ha come nemico la destra e nemmeno la sinistra del manifesto di Ventottene. Il principale nemico dell’ordoliberismo sono le costituzioni progressiste come quella italiana, dove i valori di libertà e giustizia sociale sono un tutt’uno inscindibile, e non sono considerati valori distinti e contrapposti, come vuole farci credere l’ideologia ordoliberitsta del “più Europa”.
Qual’è la destra, qual’è la sinistra quindi?
Sono di sinistra quelli che considerano la libertà e la giustizia sociale come un unico valore, che ritengono siano degni di tutela il lavoro ( dipendente e imprenditoriale) e il risparmio; sono di sinistra quelli che hanno capito che grazie al più Europa, alla mattina davanti allo specchio vedono un contribuente e un risparmiatore, cornuto il primo, mazziato il secondo.
Sono di destra gli europeisti del job act e del bail in, dell’austerità espansiva, del pareggio di bilancio e del fiscal compact, delle riforme a qualsiasi costo. Ha ragione Fred Siegel, la compagna fascista Marine Le Pen sarà, a sua insaputa, la futura candidata della sinistra francese, così come gli italiani il 4 dicembre sono stati antieuropeisti a loro insaputa. Quando si perdono di vista valori della Costituzione si perde il lavoro, si perdono i risparmi, si perdono il senso di appartenenza e la speranza, la differenza tra destra e sinistra esiste ancora, ma non è più quella di una volta. Così è (se vi pare), e anche se non vi pare.

venerdì 2 dicembre 2016

L’Italia è una repubblica fondata sul mercato.


Abbiamo visto come il vero scopo della riforma sia l’assoggettamento della Costituzione e del Popolo Italiano all’Unione Europea. Di fatto il principio sancito dall’articolo 1 della Costituzione, l’Italia è una repubblica democratica fondata sul Lavoro, in caso di vittoria del SI, verrà sostituito, nella sostanza, anche se sarà presente nella forma, dal nuovo principio, L’Italia è una repubblica oligarchica fondata sul nercato, sulla stabilità dei prezzi e della moneta.
Ho trovato tragicamente sarcastico, ma orribilmente reale la riscrittura dei primi dodici articoli della Costituzione realizzati da "Filippo" sul blog "Il Pedante":

Art. 1.
La Provincia italiana dell'Unione europea è una Plutocrazia oligarchica, fondata sul profitto. La sovranità appartiene al mercato, che la esercita attraverso l'oligarchia alla luce dei progressivi limiti di accettazione dell'opinione pubblica.

Art. 2.
La Plutocrazia disconosce l'esistenza di diritti inviolabili dell'individuo, sia come singolo, sia nelle reti sociali ove si palesa la sua specificità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà cosmetica, egoismo economico, e autismo sociale.

Art. 3.
Tutti gli attori del mercato hanno dignità in misura proporzionale alla loro capacità di spesa, e sono diversi davanti alla legge, dovendosi considerare il sesso, l'orientamento sessuale, la razza, la lingua, la religione, i pregiudizi politici, le condizioni personali e sociali.
E' compito della Plutocrazia rimuovere gli ostacoli di ordine etico ed ed i retaggi ideologici, che, limitando di fatto la concorrenza e la meritocrazia, impediscono il pieno sviluppo del mercato, e l'effettiva reificazione di tutti gli individui nell'organizzazione tecnocratica, economicistica e postumana della Provincia.

Art. 4.
La Plutocrazia riconosce l'immutabilità delle leggi economiche, e la necessità di una quota fisiologica di disoccupazione determinata dal ciclo economico. Ogni individuo è libero di svolgere una attività o una funzione che massimizzi la sua ricchezza materiale o la sua popolarità.

Art. 5.
La Plutocrazia, espressione dell'Unione europea, indebolisce progressivamente le autonomie locali; attua nei servizi che da essa dipendono, la massima centralizzazione amministrativa; adegua i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'Unione e dell'oligarchia.

Art. 6.
La Plutocrazia tutela con apposite buone pratiche le minoranze linguistiche della Provincia, con particolare riguardo per quella italiana.

Art. 7.
La Plutocrazia e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati alla luce della pubblica opinione. Le modificazioni dei rapporti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione formale delle norme.

Art. 8.
Tutte le confessioni religiose sono egualmente deprecabili e superate. Le teorie economiche diverse dal liberismo sono da considerarsi infondate ed utopiche nella misura in cui contrastino con l'ordinamento economico e giuridico della Provincia. I loro rapporti con l'Eurocrazia sono regolati attraverso la creazione di apposite categorie nel dibattito pubblico.

Art. 9.
La Tecnocrazia promuove lo sviluppo della cultura delimitandone con precisione gli ambiti e la ricerca scientifica e tecnica orientate alle esigenze del mercato e della competizione globale. E' indifferente al paesaggio e negligente verso il retaggio storico e artistico della Provincia quando essi non siano monetizzabili.

Art. 10.
L'ordinamento giuridico della Provincia si conforma alle norme del diritto europeo ed internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica del migrante è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Il migrante, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà economiche garantite dalla Costituzione della Provincia italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Tecnocrazia, secondo le legittime necessità di deflazione salariale dei padroni. Non è ammessa l'espulsione del migrante per formalità giuridiche.

Art. 11.
La Provincia italiana riconosce la guerra come strumento di salvaguardia dei propri interessi e di quelli dei suoi alleati e come mezzo didattico verso i popoli non democratici; si adegua alle scelte europee e transatlantiche per assicurare l'espansione del blocco occidentale che assicuri la stabilità della propria influenza; promuove interventi unilaterali nelle aree contese.

Art. 12.
La bandiera della Plutocrazia è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni. Può essere utilizzata esclusivamente insieme alla bandiera dell'Unione europea, rispettando il parametro numerico massimo di una a dieci.


domenica 4 settembre 2016

Testicoli sesquipedali

Testicoli sesquipedali ha un impatto erotico sarcastico superiore al più comune teste di cavolo, con cavolo pronunciato con due zeta. L’aggettivo sesquipedale nelle sue accezioni: enorme, smisurato, madornale, è figurativamente più efficace anche del semplice accrescitivo anatomico -one, perché l’utilizzo di testicolo sesquipedale ha valenza soprattutto nei confronti di chi mente sapendo di mentire, oppure omette scientemente informazioni che potrebbero inficiare le affermazioni espresse, ed esclude chi, per impossibilità o negligenza, accetta la condizione di -one, di solito accostato  al pube femminile nelle cementificate lande venete.
Mi riferisco alla quasi totalità della nostra classe digerente e ai loro consapevoli complici dell’informazione mainstream.
Per esempio non è stata data nessuna informazione sull’indagine interna del FMI che denuncia il più grave episodio nella storia dell’istituzione di Bretton Woods in merito alla gestione della crisi dell’eurozona e della crisi greca in particolare. Il FMI chiede scusa per il sacrificio inutile imposto alla Grecia. La regola è: prima ti ammazziamo poi ti chiediamo scusa, ma te lo chiediamo in modo tecnico, lo pubblichiamo nei nostri report tecnici, ma non te lo spieghiamo.
Tecnicamente si tratta di un errore di stima sul moltiplicatore fiscale della Grecia. Praticamente significa che tutti i sacrifici fatti dai greci, e dagli italiani, sono inutili. Compresi i sacrifici dei nostrani azionisti delle banche venete.
Il moltiplicatore fiscale, assieme al moltiplicatore monetario, è un numeretto che ci dice: come, quanto e in che direzione agiscono gli interventi del governo e dell’autorità monetaria nella gestione della crisi.
Se ipotizzo che il moltiplicatore fiscale è 0,5 allora una diminuzione delle spesa pubblica ha effetti positivi sia sull’economia che sul debito pubblico. Ma se ipotizzo uno 0,5 e pianifico le scelte economiche di austerity su questo dato, ma nella realtà il moltiplicatore fiscale è superiore all’uno, come il caso della Grecia e dell’Italia, una diminuzione della spesa pubblica ha effetti contrari a quelli auspicati, il risultato sarà un aumento del debito pubblico, una diminuzione del PIL, un aumento del rapporto deficit/PIL e un aumento della disoccupazione.
La porcata consiste nel fatto che tutti gli esperti economici a livello mondiale sanno che i moltiplicatori fiscali reali di quasi tutti i paesi sono superiori ad uno, e sono casi rari, quasi inesistenti, i moltiplicatori fiscali reali sotto l’uno.
La logica dell’austerity per funzionare ha bisogno che il moltiplicatore fiscale sia inferiore a uno, se è superiore l’austerity non funziona. Le aziende chiuse o fallite, i disoccupati, gli azionisti espropriati hanno cominciato ad assaporare il gusto della disinformazione. Spero che fra questi non vi siano anche coloro che hanno festeggiato all’avvento di Monti & C.
Forse qualcuno comincia a capire che uno dei principali mantra della disinformazione è in realtà uno specchietto per gli allocchi. Per adesso quello che posso fare è informare.

AEP: il FMI ammette la sua disastrosa infatuazione per l’euro, chiede scusa per il sacrificio della Grecia.