martedì 31 marzo 2015

Elogio dell’Idiota. Ovvero quello che Draghi non dice.




Mi rendo conto che non essere d’accordo con la seconda persona più influente al mondo, secondo il periodico statunitense Fortune, può sembrare idiota, ma prima di passare a Draghi permettetemi di riportarvi la definizione di idiota secondo Gramsci, la considero preliminare per comprendere il seguito.
Gramsci rispondendo a un dileggio del Corriere della Sera sui socialisti, definiti rozzi e ignoranti, nell’edizione torinese dell’Avanti il 17 gennaio 1917, nel ’17 non esisteva ancora il partito comunista, chiarisce il significato della parola Idiota.
“Idiota: parola nobilissima di origine greca. Idiota significa prima di tutto soldato semplice, soldato che non ha nessun gallone. Significa in seguito: chi pensa con la propria testa, chi è proprio, chi non si è ancora assoggettato alla disciplina sociale vigente. Quando questa mancanza di disciplina all’ordinamento sociale diventa una colpa, la parola incomincia ad assumere un significato offensivo. Ma in sé e per sé non racchiude nessuna offesa. Ha un significato sociale, non individuale. Idiota è chi è diverso, chi pensa e parla diversamente dalla maggioranza.” Chi pensa con la propria testa, chi non crede all’efficacia taumaturgica delle frasi fatte, del tipo“lo chiede l’Europa”.
Da quanto riportato sui giornali, Draghi nella sua audizione al Parlamento italiano ha detto che dobbiamo cogliere l’attimo fuggente e migliorare la nostra produttività, perché, dice il Governatore “Già nel 1999, prima dell’entrata dell’euro la crescita potenziale dell’Italia si è ridotta dal 2.5% all’1.5%”, quindi il problema italiano consiste nelle piccole e medie imprese che “hanno una produttività inferiore alla media, in presenza di una regolamentazione che le incentiva a rimanere piccole” e che non fanno abbastanza innovazione. Non capisco come i nostri piccoli e medi imprenditori possano accettare questa sorta di auto razzismo, io non l’accetto.
Consideriamola l’affermazione di Draghi: “Già nel 1999, prima dell’entrata dell’euro la crescita potenziale dell’Italia si è ridotta dal 2.5% all’1.5%”. Vero, anzi supermarioverissimo. Peccato che Draghi ometta di dire una cosa importante, che nel 1996 l’Italia rientrava nello SME, l’anticamera dell’euro, che la lire nel 1996 subì una rivalutazione dovuta sia al saldo attivo delle partite correnti che all’entrata nello SME per prepararsi all’euro. Draghi omette di dire che nel 1992, anno della famosa svalutazione e dell’azione del Governo Amato, l’Italia era uscita dallo SME, che aveva recuperato la flessibilità del cambio, che le sue esportazione erano aumentate, che il saldo delle partite correnti dal 1992 al 1996 era positivo e in crescita, il Governatore si scorda che dal 1996 al 2000, per effetto della rigidità del cambio e della rivalutazione della Lira, il saldo attivo delle partite correnti ha cominciato a diminuire, per passare in terreno negativo nei primi anni dell’euro.
Peccato che Draghi non dica che dal 1992 al 2000, la produttività in Italia è aumentata più dei salari reali, per poi appiattirsi con l’entrata dell’Italia nell’euro. Altro che piccole e media imprese poco produttive, provate a togliere dalle nostre imprese il macigno della rigidità del cambio e poi vedremo.
Peccato che Draghi tutto questo non lo dica.