giovedì 3 luglio 2014

TTIP (Trasatlantic Trade and Investment Partnership)ovvero Ti Togliamo anche I Pantaloni



Care imprenditrici, cari imprenditori, piccoli e medi,
Cari dipendenti indeterminati e determinati,
sicuramente siamo stati abbondantemente informati sull’indispensabile questione del povero Balotelli,  e su tutti i fatti di cronaca del momento e del passato. Molto meno sul TTIP (Trasatlantic Trade and Investment Partnership) che rischierà di diventare l’ennesima mazzata alle nostre piccole e medie imprese.
La Partnership transatlantica per il commercio e gli investimenti dovrebbe agire essenzialmente in due direzioni:
- aprire una zona di libero scambio tra Europa e Stati Uniti, abbattendo i dazi doganali per tutte le merci;
- uniformare e semplificare le normative tra le due sponde dell’Atlantico, abbattendo le divergenze non legate ai dazi (le cosiddette Non-Tariff Barriers, o NTB) e consentendo così una sana competizione priva di vincoli o lacciuoli.
I cantori dell’accordo, dal Center for Economic Policy Research di Londra all’Aspen Institute, sottolineano che questa mossa aumenterebbe di molto il volume degli scambi e in particolare le esportazioni europee verso gli USA (si dice, di un buon 28%), con speciale incremento nel settore automobilistico, farebbe crescere il PIL mondiale e in particolare la ricchezza degli Stati (si parla di un aumento del PIL tra lo 0.5 e l’1%, e si stimano 545 euro l’anno in più a famiglia), e favorirebbe – tramite una vera competizione – l’innovazione e il miglioramento tecnologico.
Chi si oppone all’accordo, l’organizzazione internazionale Attac  (ma non mancano dure prese di posizione di Slow Food, senza contare le perplessità dell’ufficio studi di Nomisma, l’analisi più chiara è questa), da un lato contesta la dimensione fasulla dei benefici ventilati, che andrebbero ridotti realisticamente di almeno 10 volte, dall’altro prospetta le seguenti conseguenze:
- sul piano economico, l’agricoltura europea, frammentata in 13 milioni di piccole aziende (contro i 2 milioni degli interi Stati Uniti) e non più protetta dai dazi doganali, finirebbe in breve tempo per soccombere alle portaerei d’Oltreoceano, soprattutto se – condizione controversa – venisse dato il via libera alle colture OGM; con tanti saluti alla biodiversità e all’agricoltura a chilometro zero;
- sul piano industriale, in molti settori (dalla siderurgia all’alimentare) la concorrenza delle multinazionali sarebbe esiziale per qualunque realtà di calibro medio o piccolo, talché l’unica salvezza sarebbe creare joint ventures transatlantiche con inevitabile preminenza degli Americani.  
Significativo è il fatto che sul sito della Commisione Europea http://ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/ttip/resources/ , vengano riportati gli studi del Center for Economic Policy Research di Londra, ma non quelle di Attac. E nemmeno si trova traccia dell’audizione al parlamento europeo del 19 marzo scorso di Thierry Philipponnat, segretario generale di Finance Watch ( http://www.finance-watch.org/our-work/publications/844-econ-hearing-ttip-march-2014  ) .
In Europa, Francia in Particolare, ( http://www.monde-diplomatique.fr/2013/11/WALLACH/49803 ) stanno discutendo, da noi invece nulla, la televisiun con la sua forza da leun tace. Non ci informa che è in corso una consultazione pubblica ( http://ec.europa.eu/yourvoice/ipm/forms/dispatch) su un aspetto molto importante del TTIP, la Consultazione pubblica sulle modalità di protezione degli investimenti e relative all'ISDS (risoluzione delle controversie investitore-Stato)  nel TTIP. Norme che secondo alcuni rischiano di instaurare un predominio delle multinazionali sugli Stati (basti pensare al processo milionario intentato dalla Philip Morris contro l’Uruguay per il divieto del fumo, o quello della Vattenfall contro la Germania per l’abbandono del nucleare, o quello della Lone Pine contro il Canada per lo stop all’estrazione dello shale gas).
I grandi sostenitori nostrani del TTIP, da Napolitano, agli ex premier Enrico Letta e Giuliano Amato in primis, al presidente Renzi, che ha assicurato Obama (naturale sostenitore delle multinazionali americane) una corsia Preferenziale per il TTIP durane il semestre di Presidenza italiano, sono consapevoli che l’ossatura della nostra industria è fatta di piccole e medie imprese?
Inoltre i testi del trattato, e nemmeno i lavori preparatori,  sono disponibili, abbiamo informazioni filtrate, infatti una delle critiche al TTIP è il metodo poco trasparente dei negoziati condizionati dalle lobby delle multinazionali (aspetto ribadito in tutti i pareri critici), forse per questo è partita l’iniziativa immagine della consultazione che scade il 7 luglio.
Non s’intende demonizzare il TTIP, ma per una volta occupiamoci degli interessi della nostra piccola e media industria, e non dei grandi sponsor del TTIP che sono aziende industriali e finanziarie multinazionali.