sabato 24 dicembre 2016

Compagni Fascisti


Parlare della locuzione “Compagni Fascisti”, in tempi di precarietà diffusa, può sembrare inutile, nella realtà questo apparente ossimoro, può aiutarci a capire molte cose, perché non c’è lavoro, perché il risparmio non è più garantito. Perché per esempio ci prendono in giro quando dicono di voler tutelare il contribuente, ma nello stesso tempo fanno pagare le conseguenze di un sistema bancario europeo assurdo ai risparmiatori, dimenticando che contribuente e risparmiatore sono nel 99% dei casi la stessa persona, mentre il restante 1% talvolta è uno svogliato contribuente che sa benissimo come salvaguardare il proprio risparmio.
La storia ci insegna che la differenza tra destra e sinistra non è sempre stata netta e chiara. “Compagni Fascisti” è un arzillo vecchietto quasi centenario, infatti, risale al 9 ottobre 1919 la sua comparsa in un discorso ufficiale. All’inaugurazione del primo congresso dei Fascisti a Firenze, Mussolini, preceduto da un’ovazione, iniziava così il suo discorso: “Compagni Fascisti, non so se riuscirò a farvi un discorso molto ordinato perché non ho avuto modo, secondo la mia abitudine, di prepararlo. Un discorso Fascista io mi ripromettevo di pronunciare…..”, era il periodo rivoluzionario proletario, in cui il movimento fascista non aveva ancora preso la connotazione di partito, che porterà anche alla sostituzione di “compagno” con “camerata”. Ai compagni fascisti, e alle iniziali affinità con il programma dei Fasci da Combattimento del 23 marzo del 1919, si rivolgeranno i comunisti italiani nel 1936 con L’appello ai fratelli in camicia nera” firmato da 60 dirigenti del Partito Comunista tra cui Palmiro Togliatti, sono interessanti alcuni passi dell’appello. “[…] La causa dei nostri mali e delle nostre miserie è nel fatto che l’Italia è dominata da un pugno di grandi capitalisti, parassiti del lavoro della Nazione, i quali non indietreggiano di fronte all’affamamento del popolo, pur di assicurarsi sempre più alti guadagni, e spingono il paese alla guerra, per estendere il campo delle loro speculazioni ed aumentare i loro profitti.” più avanti prosegue: “Fascisti della vecchia guardia! Giovani fascisti! Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere assieme a voi. LAVORATORE FASCISTA, noi ti diamo la mano perché con te vogliamo costruire l’Italia del lavoro e della pace, e ti diamo la mano perché noi siamo, come te, figli del popolo, siamo tuoi fratelli, abbiamo gli stessi interessi e gli stessi nemici,...”
Le affinità storiche non si esaurisco qui. Come sappiamo il Partito Nazionale Fascista, rinnegherà il programma sansepolcrista del movimento fascista, voltando le spalle a quei lavoratori a cui inizialmente si rivolgeva. Come il fascismo novant’anni fa oggi, la classe dirigente di sinistra ha abbandonato la tutela dei lavoratori per tutelare la stabilità monetaria e la concorrenza. Non deve quindi stupire se il City Journal, rivista dei conservatori del Manhattan Institute for Policy Research, in un’interessante analisi di Fred Siegel sulla situazione politica francese afferma che Marine Le Pen, piano piano, buona buona, sarà il nuovo candidato della sinistra francese. ( Una mia libera traduzione del titolo originale French Twist, How Marine Le Pen quietly became the left-wing candidate in the French elections). Secondo Siegel questo è avvenuto perché la classe lavoratrice francese è stata abbandonata dalla sinistra, così come è avvenuto con la loro controparte in America.
Naturalmente solo un conservatore arguto e sostenitore del candidato di destra, il liberista e thatcheriano Fillon, poteva indicare con lucidità, chi realmente in Francia sta lottando contro le politiche europeiste basate essenzialmente sullo smantellamento del welfare e sulla riduzione dei salari, care al liberismo.
E’ il paradosso dell’unione monetaria europea sostenuta dalla classe dirigente di sinistra, che ha indirizzato la classe lavoratrice verso i compagni fascisti, italiani e francesi, che, forse a loro insaputa, sono in linea con il fu movimento fascista e i bolscevici di casa nostra, cioè, difendono i lavoratori, ma per i compagni fascisti, prima quelli italiani e francesi.
E’ fuorviante quindi la vecchia distinzione tra destra e sinistra, basata su vecchi schemi, quello che fece ieri la destra mussoliniana, lo sta facendo oggi la sinistra globalista. Pasolini aveva capito l’inadeguatezza di questi schemi, e denunciò con largo anticipo la nascita del nuovo autoritarismo in giacca e cravatta più pericoloso del vecchio fascismo, lo scrittore friulano aveva individuato nel pensiero ordoliberista il vero nemico di una società libera e giusta.
Il paterno autoritarismo ordoliberista ha modi pacati, educati, da anni somministra pillole avvelenate di un fuorviante sogno europeo, di un globalismo mercantile propagandato come dispensatore di benessere, ma in realtà distributore di disparità; può avere il volto dei moderati conservatori di destra (Merkel, Fillon, Rajoy) come dei moderati innovatori di sinistra (Hollande, Renzi, Tsipras), ma anche il volto dei demagoghi antidogmatici “ne di destra ne di sinistra”, come di quelli che: “fuori dall’euro c’è la sciagura”. Il nuovo pensiero ordoliberista non ha come nemico la destra e nemmeno la sinistra del manifesto di Ventottene. Il principale nemico dell’ordoliberismo sono le costituzioni progressiste come quella italiana, dove i valori di libertà e giustizia sociale sono un tutt’uno inscindibile, e non sono considerati valori distinti e contrapposti, come vuole farci credere l’ideologia ordoliberitsta del “più Europa”.
Qual’è la destra, qual’è la sinistra quindi?
Sono di sinistra quelli che considerano la libertà e la giustizia sociale come un unico valore, che ritengono siano degni di tutela il lavoro ( dipendente e imprenditoriale) e il risparmio; sono di sinistra quelli che hanno capito che grazie al più Europa, alla mattina davanti allo specchio vedono un contribuente e un risparmiatore, cornuto il primo, mazziato il secondo.
Sono di destra gli europeisti del job act e del bail in, dell’austerità espansiva, del pareggio di bilancio e del fiscal compact, delle riforme a qualsiasi costo. Ha ragione Fred Siegel, la compagna fascista Marine Le Pen sarà, a sua insaputa, la futura candidata della sinistra francese, così come gli italiani il 4 dicembre sono stati antieuropeisti a loro insaputa. Quando si perdono di vista valori della Costituzione si perde il lavoro, si perdono i risparmi, si perdono il senso di appartenenza e la speranza, la differenza tra destra e sinistra esiste ancora, ma non è più quella di una volta. Così è (se vi pare), e anche se non vi pare.

venerdì 2 dicembre 2016

L’Italia è una repubblica fondata sul mercato.


Abbiamo visto come il vero scopo della riforma sia l’assoggettamento della Costituzione e del Popolo Italiano all’Unione Europea. Di fatto il principio sancito dall’articolo 1 della Costituzione, l’Italia è una repubblica democratica fondata sul Lavoro, in caso di vittoria del SI, verrà sostituito, nella sostanza, anche se sarà presente nella forma, dal nuovo principio, L’Italia è una repubblica oligarchica fondata sul nercato, sulla stabilità dei prezzi e della moneta.
Ho trovato tragicamente sarcastico, ma orribilmente reale la riscrittura dei primi dodici articoli della Costituzione realizzati da "Filippo" sul blog "Il Pedante":

Art. 1.
La Provincia italiana dell'Unione europea è una Plutocrazia oligarchica, fondata sul profitto. La sovranità appartiene al mercato, che la esercita attraverso l'oligarchia alla luce dei progressivi limiti di accettazione dell'opinione pubblica.

Art. 2.
La Plutocrazia disconosce l'esistenza di diritti inviolabili dell'individuo, sia come singolo, sia nelle reti sociali ove si palesa la sua specificità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà cosmetica, egoismo economico, e autismo sociale.

Art. 3.
Tutti gli attori del mercato hanno dignità in misura proporzionale alla loro capacità di spesa, e sono diversi davanti alla legge, dovendosi considerare il sesso, l'orientamento sessuale, la razza, la lingua, la religione, i pregiudizi politici, le condizioni personali e sociali.
E' compito della Plutocrazia rimuovere gli ostacoli di ordine etico ed ed i retaggi ideologici, che, limitando di fatto la concorrenza e la meritocrazia, impediscono il pieno sviluppo del mercato, e l'effettiva reificazione di tutti gli individui nell'organizzazione tecnocratica, economicistica e postumana della Provincia.

Art. 4.
La Plutocrazia riconosce l'immutabilità delle leggi economiche, e la necessità di una quota fisiologica di disoccupazione determinata dal ciclo economico. Ogni individuo è libero di svolgere una attività o una funzione che massimizzi la sua ricchezza materiale o la sua popolarità.

Art. 5.
La Plutocrazia, espressione dell'Unione europea, indebolisce progressivamente le autonomie locali; attua nei servizi che da essa dipendono, la massima centralizzazione amministrativa; adegua i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'Unione e dell'oligarchia.

Art. 6.
La Plutocrazia tutela con apposite buone pratiche le minoranze linguistiche della Provincia, con particolare riguardo per quella italiana.

Art. 7.
La Plutocrazia e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati alla luce della pubblica opinione. Le modificazioni dei rapporti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione formale delle norme.

Art. 8.
Tutte le confessioni religiose sono egualmente deprecabili e superate. Le teorie economiche diverse dal liberismo sono da considerarsi infondate ed utopiche nella misura in cui contrastino con l'ordinamento economico e giuridico della Provincia. I loro rapporti con l'Eurocrazia sono regolati attraverso la creazione di apposite categorie nel dibattito pubblico.

Art. 9.
La Tecnocrazia promuove lo sviluppo della cultura delimitandone con precisione gli ambiti e la ricerca scientifica e tecnica orientate alle esigenze del mercato e della competizione globale. E' indifferente al paesaggio e negligente verso il retaggio storico e artistico della Provincia quando essi non siano monetizzabili.

Art. 10.
L'ordinamento giuridico della Provincia si conforma alle norme del diritto europeo ed internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica del migrante è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Il migrante, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà economiche garantite dalla Costituzione della Provincia italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Tecnocrazia, secondo le legittime necessità di deflazione salariale dei padroni. Non è ammessa l'espulsione del migrante per formalità giuridiche.

Art. 11.
La Provincia italiana riconosce la guerra come strumento di salvaguardia dei propri interessi e di quelli dei suoi alleati e come mezzo didattico verso i popoli non democratici; si adegua alle scelte europee e transatlantiche per assicurare l'espansione del blocco occidentale che assicuri la stabilità della propria influenza; promuove interventi unilaterali nelle aree contese.

Art. 12.
La bandiera della Plutocrazia è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni. Può essere utilizzata esclusivamente insieme alla bandiera dell'Unione europea, rispettando il parametro numerico massimo di una a dieci.